La colite di Mario, inappuntabile professionista, compare solo sulla soglia di casa. Appena torna in famiglia sono dolori. E’ il segno di un conflitto sordo e profondo che risale a molti anni prima.

L’intestino “sente” più di qualsiasi organo: sente le emozioni e percepisce gli squilibri dell’intero organismo. E’ un vero e proprio centro sensoriale che, oltre ad assorbire i nutrienti fondamentali, assimila anche gli stati emotivi.

E la colite è certamente tra le patologie maggiormente rivelatrici dei nostri disagi anche psicologici. Disturbo psicosomatico per eccellenza, questa affezione è difatti una vera e propria spia di personalità e modi di essere non ascoltati che si riversano su una parte centrale del nostro organismo, ossia la pancia.  Infatti, è qui che vengono “pensate” le emozioni viscerali ed è qui che noi stessi decidiamo se accettarle o no, se viverle oppure no. Vi porto un caso.

Il caso di Mario, un rappresentante quarantenne che soffre di depressione e di attacchi di colite acuta da quando sono nate le sue figlie gemelle. La sua colite si manifesta con forti dolori addominali e con dolorose scariche diarroiche, che si susseguono in breve tempo. Tutto ciò accade solo all’interno della propria abitazione. Anche nel raccontare la sua vita, Mario mostra come la sua depressione inizi e finisca all’interno delle mura domestiche: <La sola idea di tornare a casa, dalla mia famiglia – racconta in terapia – mi fa morire. Appena varco la soglia sento la mia energia vitale spegnersi e mi trasformo in una salma, completamente apatico>. Nella vita lavorativa, invece, Mario si dimostra attivo, impegnato e con una precisione quasi maniacale: <Il mio maggior pregio è la capacità di organizzarmi, sono metodico, puntuale e preciso. Sono convinto che il lavoro per essere efficace debba essere perfettamente organizzato. I conti devono sempre tornare!>.

Dai colloqui emerge che la madre di Mario è una donna ansiosa e iperprotettiva, mentre la moglie, fino alla nascita delle figlie, è sempre stata nei suoi confronti affettuosa, disponibile e sempre presente, quasi materna. Ma da quando sono nate le due figlie, è totalmente impegnata con loro ed anche la madre è sempre in casa ad aiutarla. Questo cambiamento di vita è dunque vissuto in maniera drammatica e violenta da Mario che, all’improvviso, si trova senza l’attenzione e il sostegno delle persone che si sono sempre occupate di lui.

Ecco la colite, che rappresenta l’aggressività e la contrarietà trattenuta che poi improvvisamente e dolorosamente si scarica. Per lui così organizzato, quasi quadrato, così preciso, qualcosa non funziona più, i conti non tornano.

Tra i racconti di Mario spicca quello di un sogno ricorrente: <Sono su un vagoncino carico di letami e di escrementi in cima ad una collina. Ad un certo punto il vagoncino comincia a precipitare vorticosamente giù per la discesa e io non riesco a fermarlo. Alla fine il vagoncino si distrugge e gli escrementi spargendosi ricoprono ogni cosa>.

L’iter terapeutico conduce Mario a prendere sempre più coscienza che i suoi disturbi  sono causati da un’aggressività trattenuta e il sogno opprimente si modifica in un sogno capace di risvegliare la sua consapevolezza: <Sogno ancora di essere alla guida di quel vagoncino carico di escrementi, ma adesso, mentre inizia a precipitare, lo riesco a trattenere e a controllare>. Con l’emergere di questo secondo sogno, la sua colite comincia a sfumare.

BIBLIOGRAFIA
Curare il colon. Edizioni Riza S.p.A. 2013.

Articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia.