La sindrome da stanchezza cronica simboleggia l’estremo bisogno di recuperare la passività e le pause, ma questa esigenza viene vissuta male e viene combattuta.
La stanchezza è parte integrante della vita: è una sensazione fondamentale che segnala il limite momentaneo all’azione e il bisogno di fermarsi o di cambiare ritmo. In una condizione di salute, è quindi uno strumento atto a mantenere l’equilibrio e la salute stessa in quanto elemento regolatore dell’attività e del riposo. In breve però deve scomparire e quando ciò non accade, in particolare quando ci si sveglia più stanchi di quando ci si è addormentati, vuol dire che qualcosa non va nelle strategie energetiche e c’è uno squilibrio tra consumo e ricarica.
In molti casi, la sindrome da stanchezza cronica esprime un eccesso di attività, in uno o più ambiti, molto prolungato e non compensato da un riposo sufficiente. Di solito questa situazione è mantenuta da un’ansiosa tendenza all’attivismo continuo, dal senso del dovere e di colpa e dall’arrivismo. A volte essa si innesca quando non si dà tempo sufficiente a una convalescenza che fa seguito a un’importante malattia, oppure non ci si è fermati in presenza di malattie non gravi, come ad esempio l’influenza.
Talora la sindrome da stanchezza cronica è il primo segno di una depressione non riconosciuta o molto mascherata che trova nello stato di debolezza l’unica forma, da un lato di espressione, dall’altro di auto-terapia. Rappresenta il corrispettivo fisico di apatia, delusione e mancanza di entusiasmo, ma anche del crollo di importanti aspettative.
Le situazioni che più frequentemente provocano la patologia sono le seguenti:
agire controvoglia e contro la propria indole
agire vivendo resistenze interiori e trovando continui ostacoli esterni
agire sempre in balia di dubbi, paure e ripensamenti
agire contro la morale quando essa è molto sentita
agire seguendo schemi di comportamento tortuosi e nevrotici: per esempio, il dover essere in un certo modo per mantenere un’immagine di sé valida ai propri occhi.
In tutti i casi, la sindrome da stanchezza cronica simboleggia l’estremo bisogno di recuperare la passività e le pause, ma questa esigenza viene vissuta male e viene combattuta. Non è raro che tale stanchezza tolga anche la lucidità per decidere di fermarsi e per dare il giusto tempo alla rigenerazione delle forze.
Inoltre, va ricordata una particolare condizione di stanchezza cronica: la sindrome del burnout, letteralmente “del bruciare”. Individuata dalla psichiatria negli ultimi 15 anni, è tipica di persone che svolgono una professione di servizio e di aiuto agli altri (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, fisioterapisti ecc.). Essa rappresenta la dispersione delle energie al servizio degli altri e in questi casi gli automatismi della routine portano la persona a vivere lo scambio energetico con la realtà solo in uscita: dare, dare, senza riuscire a ricevere. Le energie migliori se ne vanno, lo stress brucia l’entusiasmo e la stanchezza appare come una vera e propria forma depressiva.
E’ necessario perciò considerare seriamente la possibilità di un periodo non di stacco totale dall’attività, cosa per molti impossibile, ma di parziale riduzione degli impegni e della velocità con cui vengono affrontati. “Tirare avanti” oppure “resistere e stringere i denti”, banalizzando il problema, è quanto di più controproducente si possa fare.
BIBLIOGRAFIA
Dizionario di Medicina Psicosomatica. Edizioni Riza S.p.A. 2012.
Articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia.