Una somatizzazione cutanea può essere espressione di un conflitto inconscio che rappresenta un mutamento dell’essere.
La pelle rappresenta la parte visibile del nostro corpo, il confine tra il mondo interno e quello esterno. Ci ricopre, ci contiene e ci caratterizza, donandoci un marchio di unicità: esprime la nostra individualità, nessuno infatti può avere la pelle identica a quella di un altro. A confermarlo sono anche le impronte digitali, le cicatrici, le rughe di espressione e tutti i segni del tempo.
Quando si dice “spogliarsi della propria pelle”, significa in effetti rinunciare alla propria identità, ma appare anche come un atto liberatorio che può servire ad ampliare la propria coscienza. In tutte le simbologie, il cambiamento di pelle implica un mutamento dell’Io. Cambiare pelle significa, infatti, rivelare un nuovo Sé e il simbolo per eccellenza di questo mutamento è il serpente, che muta la pelle, viene ucciso dall’eroe o dal dio che deve compiere una trasformazione spirituale del proprio Sé. Per analogia, una somatizzazione cutanea può essere espressione di un conflitto inconscio che rappresenta quindi un mutamento dell’essere.
Vi è una grossa differenza tra le malattie psicosomatiche della pelle e degli organi interni: un conflitto disegnato sulla pelle è un conflitto di tutta l’unità psichica, ossia di tutto l’Io. Non è parcellare. Per di più, è visibile e toccabile, si concretizza nella realtà, con implicazioni psicologiche, simboliche ed esistenziali differenti. Sembra quasi che chi soffre di una patologia ad un organo interno sia più disposto a trattenere nella propria interiorità la problematica esistenziale che la sottende. Il paziente dermatologico, invece, si sforza di portare in mezzo agli altri, nel sociale, il vissuto interno. Cerca, cioè, di condividere con gli altri il problema di cui è portatore.
La conflittualità che si manifesta nella pelle, è rivolta sempre all’altro. Tra i vari disturbi, che vedremo man mano, quello sicuramente più comune è l’eczema o dermatite. Una malattia cutanea caratterizzata da uno stato infiammatorio che causa prurito, vescicole, gonfiore, rossore e spesso trasudazione, croste e desquamazione. All’origine ci sono allergie e/o intolleranze, agenti irritanti, stress ed infezioni. Ma che senso ha, secondo una visione psicosomatica? Parliamo di emozioni “di fuoco” che affiorano in superficie. Lo schema di base è questo: la persona ha delle energie profonde che vorrebbero emergere, legate soprattutto alla creatività, ma anche alla sessualità, all’intimità e alla socialità. Tuttavia qualcosa impedisce loro di manifestarsi in modo sano.
Il più delle volte, si tratta di paure, sensi di colpa, nevrosi, timidezza o senso di inadeguatezza. Tali energie allora, dopo un primo momento in cui si aggirano nelle profondità del corpo, cercano di emergere laddove è possibile e dove il corpo permette non solo di sfogare la quota energetica, ma anche di mostrarla in modo significativo. Così, sulla pelle, le energie sommerse, da un lato hanno modo di affiorare, dall’altro testimoniano un conflitto (l’infiammazione) presente a livello psichico: come detto, esse vogliono uscire ma al contempo qualcosa le trattiene.
Fondamentale per un corretto approccio terapeutico è la considerazione circa la localizzazione. Molto comune è quella delle mani. La mano esprime l’idea dell’attività e del dominio ed è la parte del corpo a più stretto contatto con l’altro. Il piede, invece, è espressione della regalità e del potere: consente l’appoggio e quindi di camminare. E ancora, la localizzazione anale e genitale rimandano ad un fuoco che si accende in zone erogene, individuando così una componente istintiva di carattere sessuale. Pertanto, la localizzazione dell’eczema aiuta ad individuare l’emozione che il paziente ha bisogno di incontrare, per poter cambiare pelle, riuscire a distinguersi dall’ambiente e recuperare la propria identità.
BIBLIOGRAFIA
Dizionario di Medicina Psicosomatica. Edizioni Riza S.p.A. 2012.
Articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia