A volte non vogliamo affrontare una situazione che per qualche motivo ci disturba, oppure, vogliamo nasconderci di fronte a qualcosa che sta dentro di noi e che ci mette in crisi.

L’interno del mio corpo, il mio interno, il mio dentro, quello che sono, ma non appaio. Quello che c’è, ma non conosco, il contenuto ed il contenitore, le pulsioni e le difese. La storia della mia vita, dei miei desideri, delle mie speranze, delle mie paure, le mie riflessioni, le mie repressioni, le mie fantasie, i miei sogni, le mie frustrazioni. La storia di me come essere umano…il mio bisogno di sembrare e non sembrare, il mio costruirmi ed il mio distruggermi. Il mio angelo custode, l’inquilino che c’è in me, il Sé grandioso, quello sadico, quello buono, il mio osservatore interno. Le mie cazzate, il mio aprirmi ed il mio chiudermi. L’aprirsi ed il chiudersi dei miei vasi, delle mie arterie, la loro costrizione e la loro dilatazione”. 

Le parole di Barthes, saggista e semiologo francese, possono costituire una sorta di indice ideale per un’interpretazione psicosomatica della cefalea. Possiamo dire che la testa è la sede di quell’attività che chiamiamo pensiero, immaginazione, ragione. Nel cercare l’origine del mal di testa si deve dunque partire da questa constatazione fondamentale: tale disturbo colpisce la sede del pensiero. E’ infatti significativo che il più delle volte, in preda a un attacco di cefalea, la nostra attività mentale si trovi ad essere inibita alla radice: non riusciamo più a ragionare e pensare sembra farci male. In realtà, in questo modo, esprimiamo il desiderio di tenere lontani pensieri troppo invadenti o che ci possono turbare.

Cosa si vuole trattenere? A volte non vogliamo affrontare una situazione che per qualche motivo ci disturba, oppure, vogliamo nasconderci di fronte a qualcosa che sta dentro di noi e che ci mette in crisi. Può essere l’aggressività che non scarichiamo o che addirittura reprimiamo perché può essere all’origine di sensi di colpa che non sappiamo gestire. Oppure può essere il timore per gli altri, l’insicurezza che ci assale al punto da irrigidire in una morsa i muscoli del collo e della nuca procurandoci il mal di testa da tensione. O ancora, può essere la sessualità a occupare un ampio spazio nella genesi delle cefalee.

Reprimere la libido, soffocare il mondo istintuale, distrarre l’attenzione dai disturbi per gettarla in frenetiche azioni sostitutive, può condurre a quegli squilibri che spesso si manifestano poi, sul piano fisico, attraverso un attacco di mal di testa. Difatti, pochi riflettono sul fatto che il modo in cui una persona elabora concetti ed emozioni possa influire in modo significativo su tale disturbo. A volte i farmaci non funzionano o funzionano poco perché agiscono su persone la cui mente produce gli stessi pensieri di sempre, ragiona nello stesso modo e affronta tutto quel che accade come al solito. Pertanto, ogni cura va accompagnata da un cambiamento mentale e psichico.

Ci sono cefalee che beneficiano dell’imparare a esprimere meglio le emozioni, altre del ridurre l’eccessivo controllo, altre della risoluzione di conflitti interiori e altre ancora del lasciare più spazio alla creatività, all’istinto e all’intuizione. Non si può ottenere tutto questo da un giorno all’altro, perché il cervello è abituato a pensare in un certo modo, ma con un po’ di pazienza si può fare e sono tante le persone che, avendo sviluppato un atteggiamento mentale più lineare e scorrevole, hanno avuto enormi miglioramenti nella sintomatologia. All’inizio non lo si crede possibile, ma poi, le cose migliorano davvero.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
https://www.riza.it/psicologia/psicosomatica/5363/sono-i-troppi-pensieri-a-causare-il-mal-di-testa.html 

Articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia