La conquista della felicità è l’obiettivo delle nostre vite, ma troppo spesso lo riteniamo irraggiungibile. E invece è molto più vicino di quanto pensiamo.

La vera felicità non è uno stato di continua allegria, ma è la realizzazione del nostro progetto più profondo, il progetto che la vita ha per noi.

Siamo felici? A dire il vero, non è una domanda che ci facciamo volentieri. Siamo così indaffarati nelle cose della vita, tra impegni, corse, doveri da eseguire e obiettivi da raggiungere che “ci manca il tempo”. In realtà temiamo, ponendoci seriamente questa domanda, di trovarci di fronte a una risposta non troppo…felice! La conquista della felicità è l’obiettivo delle nostre vite, ma troppo spesso lo riteniamo irraggiungibile. E invece è molto più vicino di quanto pensiamo. La felicità di cui qui parliamo è quel guardare sereno la propria vita e sentire che non manca nulla.

Il primo passo è quello di accogliere le cose così come sono, di accettarle senza alcuna condizione, senza opporsi. Al contrario, la nostra cultura ha scambiato la felicità con il divertimento e con le piccole gioie che derivano dal possesso o dall’essere apprezzati dagli altri. Spaccia per felicità ciò che felicità non è. Un sottoprodotto. E non solo. Ci ha convinti che la felicità sia un continuo stato di sovraeccitazione, l’assoluta negazione del dolore. E ci ha messo in testa che possiamo raggiungerla solo rivolgendoci fuori di noi. In questo modo, ci costringiamo ad una continua attività di caccia e conquista: comprando, ad esempio, oggetti, aderendo a ruoli prestabiliti o riempiendoci la testa di ideologie preconfezionate da esibire al momento giusto.

La cultura in cui cresciamo ci rende così dipendenti dalle cose di cui ci circondiamo e dalle idee a cui ci conformiamo. Inseguiamo gli oggetti come se potessimo esserne i padroni, in realtà sono loro a possederci. E noi non siamo mai veramente appagati, nemmeno quando finalmente li conquistiamo, quando quell’auto, quella carriera, quel modello di vita sono diventati nostri. E’ questa l’infelicità che la nostra cultura ha prodotto.

Se vogliamo trovare la via della vera felicità, che non è una via difficile né faticosa, dobbiamo invece prima di tutto fare il contrario di ciò cui siamo abituati: dobbiamo svuotarci. Svuotare la mente di tutte le cose che ci abbiamo infilato dentro e che ci impediscono di fare la cosa più semplice, ossia vivere secondo la nostra natura. Si chiede forse un fiore, o un animale, quali obiettivi porsi, quali ruoli assolvere, quali comportamenti è meglio avere? No, semplicemente la pianta diventa ciò che il suo progetto profondo, contenuto nel seme, aveva pronto per lei. Diventa stelo e fiore. Senza teorizzazioni, senza dubbi né sensi di colpa o ambizioni.

La vera felicità non è uno stato di continua allegria, ma è la realizzazione del nostro progetto più profondo, il progetto che la vita ha per noi. E non c’è niente di complicato o misterioso. Pertanto, la vera felicità non ha nulla a che vedere con ciò che sta attorno a noi, non dipende da ciò che abbiamo o da come siamo, dalla nostra forza o debolezza, dal fatto di aver capito o non capito qualcosa, dall’aver vissuto più gioie o più dolori.

La felicità dipende solo da noi stessi, cioè da come sappiamo osservarci senza giudicare, da come lasciamo che la vita, tutta la vita in tutte le sue forme può scorrere in noi. Con i nostri giudizi impediamo alla vita di fluire: la deviamo, la costringiamo, la mortifichiamo, la spegniamo. E ci condanniamo così all’insensatezza e all’infelicità. E alle malattie. Felicità è osservare dunque serenamente la vita mentre incessantemente ci forma e ci crea. Osservare i dolori e lasciarli venire. Allargare lo sguardo e cedere alla vita. 


BIBLIOGRAFIA
Raffaele Morelli. Come essere felici. Oscar Mondadori. 2016.

Articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia.